Quando la professione incontra la passione.
Che vuoi fare da grande? Dissero i genitori...
Qual è la tua passione? Dissero gli amici...
Perchè non unire passione e professione? Disse il terapeuta...
Il mio lavoro comincia cosi, dall'unione di passione e professione: psicologia e musicoterapia.
Come ogni essere umano, la musica ha caratterizzato diversi momenti della mia vita: il periodo dell’infanzia con le canzoni dello zecchino d’oro cantate il sabato pomeriggio con mia madre, l’età scolare cantando Volare come solista nel coro della scuola, l’adolescenza con le dita sul pianoforte a suonare le canzoni del festival bar, la fine dell’adolescenza e l’inizio dell’età adulta con le cuffie alle orecchie, il volume alto e le parole che sovrastavano i pensieri. Dopo la maturità decisi di voler tagliare il mio cordone ombelicale e partire per vivere la mia individualità. La musica era il sottofondo che accompagnava le mie nottate o mattinate universitarie. Faceva capolino durante gli esami scritti con parole chiave che distoglievano la mia attenzione dall’esame, caratterizzava le mie serate con persone nuove conosciute in un luogo che presto sarebbe diventato il mio Spazio di vita. In ogni momento lei c’era, non mi ha mai abbandonata e questo pensiero mi dava coraggio ma mi faceva anche paura perché in lei mi sentivo sicura, ma senza di lei, mi sentivo persa.
Le mani sullo strumento ormai erano un ricordo lontano, la voce però scalpitava e non le bastava più essere rinchiusa all’interno del petto. Decisi di farla ascoltare, in qualche serata, in qualche gruppo, ma era sempre un po’ roca, quasi bloccata, aveva trovato solo un modo per emergere: il mondo delle lacrime e dei singhiozzi quasi impercettibili. Era così spaventata che davanti agli altri non riusciva a parlare, era così terrorizzata che aveva paura di esternare le sue emozioni. Era fragile, timida, tenera ma anche molto testarda e aggressiva, non voleva che qualcuno la potesse costringere ad uscire. E nessuno ci provò…
Passano gli anni universitari, gli anni delle risate durante le lezioni, dei mille caffè per restare a studiare fino a tardi, dei “ non ho studiato nulla, andrà malissimo”, dei pranzi e cene con le coinquiline, degli abbracci con le amiche di corso fino ad arrivare all’obiettivo più ambito, il più importante, quello che ha segnato il passaggio dalla ME studentessa alla ME professionista, la laurea. Fu un giorno bellissimo, lo ricordo nitidamente in tutte le sue ore, minuti, secondi. Ricordo l’ansia che mi assaliva per la presentazione dell’elaborato, lo stomaco chiuso che non mi permetteva di mangiare nulla ma solo di bere acqua e zucchero, gli sguardi di amici e parenti che erano più in ansia di me e non vedevano l’ora che andassi vicino al microfono per sentire la mia voce. Dopo tanta attesa, finalmente arrivò il momento di parlare al pubblico. Molta incertezza, molta paura, molta felicità, era tutto molto amplificato. Ce l’avevo fatta, mi ero laureata e avevo raggiunto un grande obiettivo: divenire una psicologa. Nonostante il percorso scelto, il lavoro pratico di tirocinio e l’entusiasmo per aver fatto tutto con le mie forze, sentivo che non ero completa. Decisi così di informarmi se ci fosse un corso che potesse unire la mia professione con la mia passione. Incontrai un amico che studiava pianoforte al conservatorio in Abruzzo, il quale mi consigliò un corso biennale di Musicoterapia, suggerendomi che sarebbe stato affine al percorso di studi che avevo svolto all’università. Mi convinsi, decisi di inviare la domanda di iscrizione e di fare la prova di ammissione. Arrivai in questo edificio molto grande, mi ricordo che pensai di essere in un film dove musicisti di ogni genere riproducevano in suoni i miei pensieri. Ricordo che durante la prova di ammissione, non avevo in testa il solito motivetto del mattino ma per la prima volta mi permetteva di ascoltare qualcosa intorno a me. Capì che ero letteralmente “fuori di me”!
Per alcuni questo può destare terrore, invece per me fu l’inizio della mia rivoluzione.
Il percorso durò due anni, tutti i week end andavo in conservatorio per svolgere le lezioni. Eravamo 10 ragazzi tutti musicisti e solo due psicologi. Ci siamo conosciuti attraverso i nostri vissuti sonoro musicali, senza parole, senza giudizi. Ci siamo parlati attraverso gli sguardi, i gesti, il corpo, i sorrisi ma anche i pianti. Ci siamo accolti l’uno con l’altro, ci siamo messi l’uno nella vita dell’altro, ci siamo guardati dal di fuori e nel profondo. Ci siamo sostenuti con la musica che ognuno di noi aveva per l’altro, senza censure, senza paura. Lo abbiamo fatto perché ci siamo fidati di noi stessi e di ciò che potevamo trasmetterci. Questo percorso ha dato voce alle mie emozioni, come dico sempre, anche se non è corretto in italiano: “mi ha fatto uscire la voce”. Lei aveva trovato il suo spazio, la sua modalità di espressione e in questo percorso ne aveva trovate delle altre che come lei avevano una storia personale da raccontare. Decisi così di non nascondermi più ma di darmi la possibilità di salire su quel palco che è la vita e di guardarmi e farmi guardare, non per quello che volevo o dovevo diventare ma per quella che ero. Quel periodo di grande rivoluzione fu accompagnato da un percorso di terapia personale e da una frase che ricordo ancora:“tu hai solo bisogno di rinforzi positivi”. Oggi 24 ottobre 2020, guardandomi indietro, scrivo di essere orgogliosa di ciò che vivo e di ciò che ho vissuto. Sono grata a me stessa e alle persone che ho scelto di incontrare nel mio cammino perché hanno contribuito ad arricchire la mia esperienza di vita, facendo della mia professione, un lavoro di sostegno e di cura. In questo lavoro la musica mi permette di arrivare nei luoghi dell’anima che le parole non riescono a raggiungere. E’ in questo spazio personale che psicologia e musicoterapia si uniscono. E’ in questo spazio che la persona attraverso la musica, ritrova parti di sé che aveva dimenticato o che per lei erano troppo dolorose da ricordare. La musica come la psicologia abbatte i muri del giudizio e del pregiudizio. Di fronte a loro siamo prima di ogni altra cosa delle Persone, senza maschere, solo anime pure.
Dott.ssa Ortensia Posa
Psicologa e Musicoterapeuta
Commenti
Posta un commento